“La fine della storia” – Luis Sepúlveda


Voto: 5 stelle / 5

Con “La fine della storia”, edito da Guanda nel 2016, lo scrittore cileno Luis Sepúlveda ci consegna una memoria importante: le torture perpetrate nei confronti degli oppositori politici a Villa Grimaldi negli anni Settanta, durante la dittatura di Pinochet iniziata con il colpo di Stato del 1973. Di Luis Sepúlveda abbiamo recensito anche “Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” e “I racconti più brevi del mondo“.


La trama di La fine della storia

copertina la fine della storia sepulvedaSiamo in Cile. Juan Belmonte è un ex sniper, un cecchino, che ha combattuto al fianco di Salvador Allende ma da anni ha deposto le armi e vive tranquillo. Siccome “non si sfugge all’ombra di quello che siamo stati”, i servizi segreti russi lo chiamano in causa per una missione, l’ultima: trovare due uomini. Solo trovarli. Poi ci penseranno loro.

I due fanno parte di una cellula di nostalgici cosacchi che intendono liberare dal carcere Miguel Krassnoff, ufficiale dell’esercito cileno durante la dittatura militare di Pinochet. Per i servizi segreti, questa liberazione potrebbe guastare i rapporti fra gli imprenditori cileni e quelli della Federazione russa. Per un cileno, significherebbe restituire la libertà al diretto responsabile delle torture a circa cinquemila cileni ritenuti oppositori politici – di cui quasi trecento desaparecidos – avvenute a Villa Grimaldi a Santiago tra il 1973 e il 1978.

In cambio di questa missione, Belmonte avrà la tranquillità definitiva che cerca. Questa vicenda è ulteriormente motivante per il protagonista perché la sua compagna è ancora muta, dopo trent’anni dalle torture subite a Villa Grimaldi. Ma le cose si riveleranno diverse da come gli sono state raccontate…

Recensione

Luis Sepúlveda, nipote e figlio di anarchici, oggi vive in Spagna perché ha dovuto lasciare il Cile dopo essere stato incarcerato durante la dittatura di Pinochet. Come il protagonista del libro, infatti, ha fatto parte della guardia personale di Salvador Allende, “quell’uomo che rappresentava il più bel sogno possibile”.

Da questa premessa possiamo capire quanto siano forti gli echi autobiografici in questo romanzo.

“Così, amore mio, chiudi ben stretta la mano intorno all’impugnatura, il pollice alza o abbassa la sicura e preme l’estrattore del caricatore, così, amore mio, l’indice parallelo alla canna mentre fai scorrere il carrello…”

È possibile scorgere i sentimenti mai sopiti degli oppositori al regime dittatoriale e viene aperta una breccia verso un mondo poco conosciuto a noi in Europa. “La fine della storia” ci ricorda i rapporti fra l’Unione Sovietica e il Sud America durante la guerra fredda. Ci chiede però anche di sforzarci di sapere cosa sono i cosacchi, gli atamani e i nomi delle cellule rivoluzionarie che hanno ruotato intorno le tantissime rivoluzioni.

luis sepulveda e sua moglie carmen yanez

Luis Sepúlveda e Carmen Yáñez

Per le persone come me che misteriosamente fanno fatica a orientarsi nelle storie di doppi giochi e di spionaggio (sono entrata in confusione con “The Departed”), la lettura può risultare ostica mentre si tenta dignitosamente un qualche orientamento fra personaggi vecchi e nuovi, nomi russi, luoghi poco noti, nomi di battaglia.

La modalità di narrazione cambia inoltre a ogni capitolo, dalla terza alla prima persona. Le parti che ho preferito sono state quelle scritte dal punto di vista del protagonista, che ha sempre un pensiero per la sua compagna. Non è un caso se il libro è dedicato alla moglie dell’autore, Carmen Yáñez, che è stata una prigioniera di Villa Grimaldi.

La fine della storia, stavolta quella narrata, a mio parere è un po’ troppo improvvisa.

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