“Lamento di Portnoy” – Philip Roth


Voto: 5 stelle / 5

Adesso vi racconto un aneddoto. Anni fa un mio amico aveva appena scoperto gli audiolibri e volle introdurmi a quell’atmosfera. Era orgogliosissimo della sua scoperta, entusiasta. Premette play. Una voce potente si mise a elencare una serie di nomi diversi per gli organi riproduttivi maschili. Il mio amico chiuse subito, con un imbarazzato: “Vabè… Comunque… hai visto che è bellissimo?”. Il libro era il “Lamento di Portnoy”, di Philip Roth, pubblicato nientepopodimeno che nel 1969.

Vi ho raccontato questo aneddoto perché adesso l’ho ascoltato anch’io, nell’edizione Emons del 2017 basata sulla traduzione Einaudi del 2000 di Roberto Sonaglia. E ho scoperto che non era così difficile far partire la lettura di un paragrafo imbarazzante.

Di Philip Roth abbiamo recensito anche “Pastorale americana” e “Il complotto contro l’America

Trama del Lamento di Portnoy

Il protagonista, Alexander Portnoy, è un trentatreenne che si accinge a iniziare una seduta psicanalitica e rovescia sul dottore – a cui si rivolge spesso – tutti i pensieri beceri e le considerazioni sulla famiglia, e come la sua vita abbia ruotato intorno alla propria fervida fantasia sessuale.

Ci racconta senza filtri una serie di peripezie, che sfociano però anche in relazioni vere e proprie, bisogno di trovare un proprio posto nella società e allo stesso tempo incapacità di farlo.

Recensione

Il primo punto a favore del “Lamento di Portnoy” è nella sua interpretazione che ho trovato su Audibile, di Emons Audiolibri, affidata a Luca Marinelli. Non a caso, stiamo parlando di un David di Donatello, due Nastri d’Argento e due premi al Festival di Venezia, nonché recente vincitore del Premio Monini al Festival dei due mondi di Spoleto. Io l’ho già apprezzato nella fiction su Fabrizio De Andrè, di alcuni anni fa. Non ho ricollegato subito il suo nome, ma mentre ascoltavo il libro mi è stato presto chiaro che si trattava di un professionista. La sua interpretazione, esasperata e tragicomica, ha gettato una luce decisiva su questo romanzo.

“(…) e non c’era proprio nessuno con cui sfogarsi, tranne sé stesso”

Durante l’ascolto riflettevo su un’esperienza simile, votata al turpiloquio, che ho avuto quest’anno. Si trattava della “Trilogia del Nord” di Ferdinand Céline. Solo che quella lettura l’ho interrotta a pagina 42, questa l’ho portata fino alla fine e addirittura divertendomi, nonostante i temi. Perché? Cosa c’è di diverso? La lettura di Marinelli. Sì, ma non solo quella.

“Lamento di Portnoy” si avvicina alle “Memorie dal sottosuolo” di Dostoevskij, ma in chiave più moderna e dissacrante. I secoli cambiano, le censure anche. Se nelle “Memorie” gli argomenti scottanti sono la relazione con gli altri, l’ipocrisia, la meschinità umana, nel “Lamento” troviamo la sessualità, l’antisemitismo, la ricerca di sé stessi.

Nonostante il protagonista faccia di tutto per intraprendere un proprio percorso di vita, risente di tutti i condizionamenti che provengono dalla famiglia di origine e dalla società, e lascia esplodere la rabbia contro la sua comunità di appartenenza, che in questo caso è ebrea.

La cultura italiana sicuramente percepisce solo la punta dell’iceberg di questo libro, perché il tema da noi è meno scottante, ma io trovo che questo scagliarsi di Alexander non sia meramente antisemita bensì universale. Io ci vedo la necessità di “uccidere il padre” di cui la psicanalisi parla molto: lui si scaglia contro gli ebrei, ma un emigrante potrebbe usare le stesse parole contro la comunità da cui è fuggito, un figlio contro la famiglia che si oppone al matrimonio. In Alexander Portnoy io vedo la contraddizione dei legami e delle radici, che sostengono e insieme limitano un essere umano nel suo percorso personale.

Ho scaricato “Lamento di Portnoy” perché se ne parla in “Vite che sono la tua” di Paolo Di Paolo (Laterza 2017), che da qualche anno sto usando come guida alle letture.

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  1. Isabella Fantin 19/07/2023

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