“Morte a Oriente” di Abir Mukherjee (traduzione di Alfredo Colitto, 384 p. SEM Editore 2021) è il quarto episodio di una serie di gialli classico deduttivi ambientati nell’India britannica dal 1919 al 1922.
Questo romanzo si divide tra l’India del 1922 e l’Inghilterra del 1905 con una scansione regolare tra presente e passato, condotta in soggettiva dal protagonista. Di Abir Mukherjee abbiamo recensito anche “Fumo e cenere” e “Le ombre degli uomini“.
Trama di Morte a Oriente
In un monastero induista nell’entroterra assolato dell’Assam del 1922- oggi uno dei Seven Sister States dell’India-, il detective inglese Sam Wyndham della polizia di Calcutta(in licenza)affronta un avversario subdolo e pericoloso: l’oppio. La sua tossicodipendenza sta rischiando di stroncare una brillante carriera.
Durante i vagabondaggi della mente di un doloroso rehab, alcune immagini fisse come “catturate da una goccia d’ambra” fanno riaffiorare il passato. Il primo caso di omicidio per un poliziotto di pattuglia nell’East End alle prime armi come lui, risalente al 1905.
All’improvviso un tragico incidente colpisce il luogo di meditazione. L’ipotesi di un legame con il crimine di diciassette anni prima appare insensata. Che l’astinenza stia giocando un brutto tiro al detective?
O forse la sagoma e i fruscii nella notte non sono percezioni allucinatorie senza oggetto?
Sam Wydnham ignora di essere a un passo dall’epicentro di una lunga scia di sangue.
L’autore
Abir Mukherjee, di origine indiana e cresciuto in Scozia, lavora nel mondo della finanza dopo una laurea presso la prestigiosa London School of Economics. A seguito dell’ esordio letterario nel 2014 con “L’uomo di Calcutta”, il successo di pubblico e critica, si dedica a tempo pieno alla scrittura con una media di un thriller storico all’anno. Il recentissimo “The Shadows of men”(2022)al momento in Italia è disponibile solo in lingua originale.
Una scelta vincente
In termini manzoniani, all’invenzione si intreccia la Storia dell’India del Primo Dopoguerra, animata da spinte nazionalistiche ed indipendentiste. Lo sciopero della fame di Gandhi per interrompere la pratica della disobbedienza civile, da lui stesso avviata, dopo i disordini di Chauri Chaura. I numerosi passi che toccano aspetti sociali, economici e politici, tengono sempre acceso l’interesse.
Riconosco un doppio merito all’autore come giallista e come scrittore.
La brillante riproposta di un format classico, una scelta retrò confermata dall’elegante grafica della copertina che si è rivelata vincente. La capacità di unire alla precisione storica la profondità, due ingredienti che non vanno necessariamente a braccetto.
Da appassionata del genere poliziesco, non mi meraviglio del successo di pubblico, forse stanco di poliziotti piacioni arrabbiati con il sistema o di improbabili eroine con la pistola in inchieste concepite per la trasposizine sul piccolo e grande schermo, che sabotano il mercato dell’editoria.
Chi è il detective?
È l’inglese Sam Wyndham, ora capitano della polizia di Calcutta, che si è fatto le ossa nell’East End di Londra come agente di Scotland Yard. Un difficile passato alle spalle.
Pragmatico, disincantato senza autocompiacimento, ruvido, ironico e sincero. “Sempre dalla parte dei perdenti”, appare lontano dal paternalismo del civilizzatore britannico che si addossa il ‘fardello dell’uomo bianco’.
Un po’ Sherlock Holmes, un po’ doctor House per intuito, forma mentis deduttiva, modi cortesemente bruschi, individualismo e tossicodipendenza.
Ha fatto breccia nel mio cuore perché non è simpatico e nemmeno una simpatica canaglia.
Anzi, la mancanza di empatia verso il prossimo e verso il lettore lo rende credibile. Perché tutte le sostanze da abuso, è lui stesso ad osservarlo, “tendono a riorganizzare le priorità di una persona”. Altrettanto credibile il fatto che la sua presenza mentale, mano a mano che il corpo si disintossica, recuperi i colori pungenti di emozioni e intelletto.
Un omaggio alla regina del giallo
Una catena di morti, in apparenza distanti nel tempo e nello spazio, sembra inseguire il detective Sam Wyndham. Al centro ce ne sono due, commessi in una stanza chiusa dall’interno, che dirottano l’attenzione del lettore dall’individuazione del responsabile alla dinamica dell’azione omicidiaria.
《 La domanda che sorge spontanea è: come ha fatto l’aggressore a uscire?》
L’ammirazione dell’autore per Agatha Christie non è un mistero.
Non saltate la Nota dell’autore che vi regalerà l’ultima sorpresa.