“Le sorelle Lacroix” – Georges Simenon


Voto: 5 stelle / 5

Pubblicato nel 1938, “Le sorelle Lacroix” è appena uscito per Adelphi nella nuova traduzione di Federica e Lorenza Di Lella. È considerato uno dei romanzi duri (romans durs) di Simenon.

Di Georges Simenon abbiamo recensito “Marie la strabica“, “Maigret si sbaglia“, “Pietr il lettone” e “Il treno“.

Trama di Le sorelle Lacroix

Gli abitanti di Bayeux, nell’entroterra normanno, continuano a chiamarle con il cognome da nubile le sorelle Lacroix, benché sposate da tempo. Forse perché Mathilde e Poldine, figlie del notaio locale, continuano a vivere nella dimora avita insieme ai figli e al marito della prima, restauratore di quadri e pittore.

In questo romanzo senza Maigret c’è molto noir per i numerosi misteri che gravano sulla vicenda. Infatti, Jacques e Geneviève, figli di Mathilde, sono esacerbati dall’atmosfera domestica avvelenata e, ai loro occhi, inspiegabile. Scenate cariche di sottintesi ricomposte da una calma gelida. Frasi a doppio senso, sguardi impietosi e maligni. Un viavai furtivo da una camera all’altra dell’abitazione, il cui polo simbolico è l’atelier dove il marito di Mathilde si rintana. Diffidenza e sospetto rendono difficile capire chi sorveglia chi; chi sospetta chi e soprattutto di cosa; chi agisce nell’ombra.

Geneviève compensa la sua infelicità con l’automatismo di preghiere alienanti come un mantra. Jacques coltiva un progetto realistico di fuga. In questo ambiente coercitivo e claustrofobico piomba una disgrazia destinata a far implodere il rapporto tra Mathilde e Poldine. Le due sorelle sono vincolate da un legame malsano che si nutre di rancore e vendetta. Un odio sordo le divora e le anima. Se fossi un biologo ravviserei un distorto mutualismo finalizzato alla sopravvivenza reciproca.

Recensione

Simenon smaschera miseria morale, ipocrisie, religione della roba e odio intrafamiliare di una famiglia borghese della provincia normanna. Indaga i misteri coniugali e la perfidia di due sorelle che, pur detestandosi, hanno bisogno l’una dell’altra. Cerca di carpire il segreto di una persona comune che a un certo punto della sua vita diventa un assassino.

È molto incisivo l’incipit in una chiesa buia dove la fede non si sente. Qui Geneviève si rifugia per il rosario vespertino le cui orazioni, ridotte a pura sonorità, la sottraggono alla cognizione del tempo e dello spazio. In questo modo Simenon fa emergere l’indole nevrotica e vulnerabile della giovane fuori dalla sua comfort zone. Infatti, a seguire, la mostra mentre al rientro dalla chiesa “sobbalza ad ogni contatto proveniente dall’esterno“, al punto da spaventarsi alla vista inattesa del fratello.

E poi il clima umido, uggioso, melanconico, la pioggia che batte sui vetri, le luci fioche, l’impossibilità di lottare contro il proprio destino: marchi di fabbrica del miglior Simenon.

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