“Il barone rampante” – Italo Calvino


Voto: 5 stelle / 5

Anche senza aver letto il libro, tutti conosciamo l’incipit di “Il barone rampante” di Italo Calvino (1957), dove ci viene presentato il dodicenne protagonista, il barone Cosimo Piovasco di Rondò.

Si conobbero. Lui conobbe lei e sé stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e sé stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così“.

Classificato come letteratura per ragazzi, riscoprirlo in età adulta permettere di comprendere diverse sfumature.

Trama de Il barone rampante

Siamo nel 1767 ad Ombrosa, cittadina immaginaria vicino a Genova, sulla Riviera ligure. La famiglia dei baroni di Rondò è a tavola, madre, padre e tre figli: Battista, monaca, Cosimo, di dodici anni e Biagio, di otto.

Dopo una ribellione posta in atto in segreto, il giovane Cosimo rifiuta il piatto di lumache preparato dalla sorella: si alza da tavola, volta le spalle alla famiglia ed esce in giardino, dove si arrampica su un olmo.

Sembra un capriccio momentaneo, l’affare di un’ora, un pomeriggio, o al massimo un paio di giorni: invece il ragazzo ha preso la sua decisione. Da quel momento in poi vivrà sugli alberi, senza mai toccare terra. Fino ai sessantacinque anni di età, morti il padre, la madre, cresciuto il fratello minore, la voce narrante, Cosimo vivrà la sua esistenza dall’alto di una pianta, di qualsiasi tipo, vivendo tutte le esperienze concesse all’uomo.

Recensione

Prendere in mano “Il barone rampante” in età adulta è sicuramente ben diverso che leggerlo da ragazzi. Naturalmente, appare surreale che una persona possa decidere di trascorrere una intera vita sugli alberi, soprattutto dopo che l’età della ribellione è da parecchio trascorsa. Eppure l’autore, che qui impersona Biagio, fratello minore di Cosimo, riesce a rendercela una cosa quasi normale, così come era riuscito, in “Il visconte dimezzato“, a farci credere possibile che un uomo potesse venir diviso a metà da una palla di cannone e sopravvivere comunque.

Ma c’è ben di più: dal suo osservatorio verde Cosimo apparentemente ha rinunciato a molto, eppure riesce comunque a vedere molto di più di chi vive sulla terra.

Le emozioni e i sentimenti umani gli appaiono concreti e ben definiti, come nella breve (ma intensa) storia con la marchesa Viola d’Ondariva. Giorno dopo giorno, si convince di aver avuto un’illuminazione, che la vita è valsa la pena di essere vissuta solo in quel modo, a cavallo di un ramo robusto e seminascosto dal fogliame.

“Il barone rampante”, insomma, si propone di mostrarci il mondo da una prospettiva diversa, dall’alto. Proprio come faceva Cosimo.

Di Italo Calvino abbiamo recensito anche “Il cavaliere inesistente“, “Il sentiero dei nidi di ragno“, “Marcovaldo“.

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