“Macbeth” è una delle opere teatrali più corte di quelle attribuite a William Shakespeare. Stando a una cronaca del tempo, probabilmente la trascrizione sopravvissuta è una riduzione per la messa in scena a corte.
La sua composizione è stata collocata intorno al 1606, successivamente all’ascesa al trono d’Inghilterra di Giacomo I (1603) e alla congiura delle polveri (1605) contro di lui.
Di William Shakespeare abbiamo recensito “Otello“, “Tito Andronico“, “Molto rumore per nulla“, “Sogno di una notte di mezza estate” e letto alcuni sonetti d’amore. Inoltre su William Shakespeare abbiamo recensito un saggio di Agostino Lombardi.
Trama di Macbeth
Tre streghe profetizzano a Macbeth e Banquo il loro futuro politico. A Macbeth annunciano che diventerà re e a Banquo che lo sarà la sua discendenza. Assetato di potere e istigato dalla moglie, Macbeth fa in modo che le profezie che riguardano lui si avverino. Il re viene ucciso nel sonno da Lady Macbeth e Macbeth ordisce una serie di assassinii per assicurarsi il trono.
Un nuovo trittico di profezie mette il nuovo re in guardia dall’uomo che lo sconfiggerà; da una foresta in movimento; e da un uomo non nato da donna.
Dopo aver affrettato il destino, Macbeth e la moglie cercano in tutti i modi di contrastarlo. Ma ne escono perdenti.
Le origini
Un Macbeth è realmente esistito in Scozia, alla fine dell’XI secolo. Si chiamava Macbethad mac Findláech, anglicizzato in Macbeth MacFinlay. È stato probabilmente l’uccisore del conte di Moray, di cui prese titolo e vedova, dopodiché le sue truppe furono responsabili della morte di Duncan I, re di Scozia, portando Macbeth sul trono.
Shakespeare dovrebbe aver recuperato le sue vicende dalle cronache cinquecentesche di Raphael Holinshed, che non sono ritenute storicamente accurate e che vedono il generale Banquo responsabile del regicidio almeno tanto quanto Macbeth. È probabile che William Shakespeare abbia voluto edulcorare la sua figura, rendendola una vittima, per dare lustro ai suoi discendenti, tra cui il vivente re Giacomo, re di Scozia e di Inghilterra.
“Domani e domani e domani, striscia a passo meschino giorno dopo giorno, fino all’ultima sillaba del copione; e tutti i nostri ieri hanno illuminato agli stolti la strada verso la polverosa morte. Spegniti, spegniti, breve candela! La vita non è che un’ombra che cammina; un povero attore che incede e si agita nella sua ora da sopra un palco, e poi non si sente più niente: è una storia raccontata da un idiota, piena di suono e furore, che non significa niente.” (trad. mia)
Come riferito da Gabrele Baldini nel “Manualetto shakespeariano”, pare che ai tempi del vero Macbeth fosse nella norma ascendere al trono uccidendo il sovrano in carica, perché non veniva praticata la legge di successione per via di progenitura. Solo tra il 943 e il 1040 ben sette su nove diventarono re in questo modo.
Anche il vero Macbeth fu ucciso dalle truppe di Malcolm (III), il figlio di Duncan, seppure dopo 17 anni di regno (apparentemente sereno, tra l’altro).
Recensione
Mi trovo sempre in difficoltà quando si tratta di districarmi tra fazioni e tradimenti, non so bene perché. Nei due giorni in cui ho riletto queste cinquanta pagine scarse sono tornata spesso indietro a rintracciare parentele, personaggi, dinamiche. Quando l’ho finito c’era ancora la profezia su Banquo a non tornarmi. Perché non è suo figlio, bensì il figlio di Duncan, a venire incoronato re alla fine dell’opera teatrale?
Solo facendo ricerche per questa recensione ho capito perché sembra senza finale: c’è un sottotesto molto noto al tempo ma quasi ignoto a noi.
Banquo e suo figlio Fleance probabilmente sono personaggi fittizi sin dalle fonti, quindi leggendari. Secondo la leggenda, Fleance riesce a fuggire nel Galles e sarà la sua discendenza a tornare sul trono scozzese attraverso la dinastia degli Stuart. James VI re di Scozia – successore di Elisabetta I come James I sul trono di Inghilterra – vi apparteneva. Per questo una profezia durante l’opera mostra otto re deceduti: il nono era vivente, e auspicabilmente seduto tra il pubblico.
È curioso constatare, come fa notare Peter Ackroyd nella biografia di Shakespeare, che nelle sue tragedie gli unici amori riusciti sono quelli tra “cattivi”. Pensiamo a Claudio e Gertrude in “Amleto” e ora qui, Macbeth e Lady Macbeth. Perchè è vero che Macbeth è anche una storia d’amore, in cui il legame è profondo e oscuro, di supporto e (ambita) crescita.
L’atmosfera del “Macbeth” è oscura, cupa, esoterica. Streghe e maghe appaiono tre volte; un fantasma due; la stessa scena finale che prova la morte di Macbeth è nei pieni canoni horror del riscoperto teatro di Seneca (non voglio rovinarvi la sorpresa). Aleggiano il Male, la menzogna, la vanità. E il destino bussa alla porta più volte.
Fonti: “Manualetto shakespeariano”, Gabriele Baldini, Piccola Biblioteca Einaudi 1964; “Shakespeare. Una biografia”, Peter Ackroyd, Neri Pozza 2011; Wikipedia.